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Il grande progetto di una rete di gasdotti a idrogeno nel Mare del Nord

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Secondo uno studio realizzato da DNV, con un investimento di 15-22 mld di euro si potrebbe costruire la dorsale dell’idrogeno nel Mare del Nord, con gasdotti per una lunghezza totale di 4.200 km

Il Mare del Nord ha il potenziale per diventare il sito di una massiccia produzione di idrogeno offshore dall’eolico offshore e una rete di gasdotti per l’idrogeno che collega i Paesi dell’Europa nord-occidentale. È quanto ha mostrato uno studio della società di consulenza DNV. Lo studio, commissionato a DNV dagli operatori di sistemi infrastrutturali GASCADE e Fluxys, “mette in evidenza i vantaggi significativi di una dorsale di idrogeno offshore nel Mare del Nord e nel Mar Baltico”, ha dichiarato Fluxys.

IL POTENZIALE DI PRODUZIONE DI IDROGENO DAI PARCHI EOLICI

“L’Unione europea prevede che la domanda di idrogeno climaticamente neutro raggiungerà i 2.000 TWh entro il 2050, e DNV “vede il potenziale per produrre 300 TWh/anno di idrogeno utilizzando l’elettricità dei parchi eolici offshore nel Mare del Nord entro il 2050″, come ha spiegato Ulrich Benterbusch, amministratore delegato di GASCADE, che ha aggiunto come “ciò darebbe un contributo significativo alla riduzione della dipendenza dalle importazioni di energia. Questo aspetto positivo per aumentare la sicurezza dell’approvvigionamento può essere valutato abbastanza bene dopo le esperienze del recente passato”.

Secondo lo studio, con un investimento di 15,9-23,3 miliardi di dollari (15-22 miliardi di euro) si potrebbe costruire la dorsale dell’idrogeno nel Mare del Nord, con gasdotti per una lunghezza totale di 4.200 chilometri. Considerati i costi inferiori della trasmissione dell’idrogeno rispetto all’elettricità e la possibilità per i grandi gasdotti di aggregare la produzione di idrogeno offshore da diversi parchi eolici, il rapporto valuta che la produzione di idrogeno sia un’opzione interessante per la produzione eolica offshore, sicuramente a distanze superiori a 100 km da costa.

GLI SCENARI NEL MARE DEL NORD E NEL MAR BALTICO

Per quanto riguarda le infrastrutture di trasporto, lo studio traccia due quadri diversi in base alla localizzazione. Per il Mare del Nord, una vasta area e un potenziale produttivo soddisfano il criterio dei 100 km. Per portare a terra l’idrogeno prodotto offshore, un collegamento di gasdotti a maglia – una spina dorsale europea – potrebbe collegare i siti di produzione alla rete esistente di gasdotti onshore.

La situazione è differente nella regione del Mar Baltico, dove attualmente meno aree soddisfano il criterio dei 100 km. Tuttavia, se la Svezia e la Finlandia decideranno di produrre idrogeno su larga scala e di trasportarlo ai centri di domanda dell’Europa centrale, è probabile che un gasdotto combinato abbia senso anche in quell’area.

LA NECESSITÀ DI UN COORDINAMENTO TRANSNAZIONALE

La distribuzione spaziale dei potenziali siti offshore di produzione di idrogeno mostra che sono coinvolte aree marine di diversi Paesi. “Ciò suggerisce che sarà necessario un coordinamento transnazionale per sviluppare il pieno potenziale di generazione di idrogeno individuato”, ha affermato Christoph von dem Bussche, amministratore delegato di GASCADE. Sarà altrettanto importante trovare il giusto equilibrio tra il potenziale utilizzo dell’eolico per la produzione di elettricità e la potenziale generazione di idrogeno in tutti i Paesi.

IL COSTO DELLE CONDUTTURE

Per ottimizzare ulteriormente questa catena di approvvigionamento dell’idrogeno, lo studio suggerisce di immagazzinare fino al 30% dell’idrogeno prodotto in caverne di sale per aumentare in modo efficiente la flessibilità del sistema. Per supportare la discussione politica, lo studio contiene anche una prima stima dei costi: nel Mare del Nord, si stima che il costo delle condutture e dei compressori per la dorsale dell’idrogeno offshore rappresenti il 10% del costo totale dell’idrogeno prodotto offshore.

“Una dorsale dell’idrogeno offshore, grazie alle elevate economie di scala, consentirebbe il trasporto di idrogeno dalle aree offshore agli utenti finali in modo molto efficiente. La realizzazione tecnica è nuova, ma possibile con le tecnologie odierne, e probabilmente rappresenterebbe il 10% o meno del costo totale livellato dell’idrogeno prodotto offshore”, ha affermato DNV nello studio. Un altro punto chiave del rapporto recita che “la creazione di una dorsale di idrogeno offshore nel Mare del Nord e nel Mar Baltico è economicamente fattibile e contribuirebbe a facilitare la transizione energetica europea”.

IL PROGETTO AQUADUCTUS

GASCADE e Fluxys stanno sviluppando il progetto AquaDuctus per un gasdotto dell’idrogeno di 400 km dall’offshore all’onshore della Germania. Le società all’inizio del 2023 hanno presentato domanda alla Commissione europea per lo status di progetto di interesse comune (Project of Common Interest – PCI) in un importante passo avanti nei loro piani per un gasdotto offshore per l’idrogeno verde nel Mare del Nord.


Verbund acquista gasdotti in Austria per trasportare l’idrogeno

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La versatilità dell’idrogeno sta anche nel fatto che può essere distribuito attraverso i gasdotti per il gas naturale

Verbund è il più grande fornitore di energia elettrica in Austria e una delle utility “più verdi” di tutta l’Europa, come scrive Bloomberg: genera infatti circa il id90 per cento dell’elettricità dall’energia idroelettrica.

COSA HA FATTO VERBUND

Eppure Verbund quest’anno ha deciso di acquistare una grande rete di gasdotti. Una decisione che ha lasciato perplessi anche alcuni analisti e che in effetti si distanzia parecchio dalle mosse delle aziende rivali: mentre le utility italiane o tedesche hanno investito in progetti di energia “verde” – cioè a zero emissioni di gas serra – in tutta Europa, Verbund ha scelto di puntare sulle infrastrutture austriache per i combustibili fossili.

A settembre l’azienda ha per l’appunto speso 271 milioni di euro per acquisire una quota del 51 per cento in Gas Connect Austria, che gestisce una rete di gasdotti lunga circa 900 chilometri nel paese. L’acquisizione ha reso di colpo Verbund un attore importante nel mercato del gas dell’Europa centrale.

IL RUOLO DELL’IDROGENO

Michael Strugl, che nel 2021 diventerà il nuovo amministratore delegato di Verbund, ha spiegato che l’investimento si spiega con le buone prospettive future dell’idrogeno.

Si sta parlando molto, infatti, dell’idrogeno – in particolare di quello verde, ottenuto a partire da fonti rinnovabili – come di una fonte di energia pulita fondamentale per il successo della transizione energetica. L’idrogeno è innanzitutto versatile: può essere utilizzato come materia prima, come combustibile o anche come energia-rifugio per compensare l’intermittenza delle fonti rinnovabili. E può rappresentare una soluzione per la decarbonizzazione dei settori più energivori, come quello siderurgico.

A proposito, Verbund sta attualmente conducendo degli studi di fattibilità per l’utilizzo dell’idrogeno verde come combustibile nei processi per la produzione dell’acciaio.

La versatilità dell’idrogeno sta anche nel fatto che può essere distribuito attraverso i gasdotti per il gas naturale. Strugl ha detto che ci sarà bisogno di condotte che colleghino i centri di produzione di idrogeno verde ai centri dalla maggiore domanda energetica, come le zone industriali.

“Connettere la rete del gas e la rete ad alta tensione permetterà di realizzare la transizione energetica. Dovremo produrre grandi volumi di idrogeno verde, ma non possiamo farlo qui in Austria e forse nemmeno nell’Europa centrale”, sostiene Strugl. Che immagina hub di produzione alimentati dall’energia eolica proveniente dai parchi offshore nel nord Europa o dall’energia solare generata da grandi impianti nelle regioni meridionali del continente.

UNA GESTIONE DIVERSA DELLE RETI

Strugl ha detto che le reti elettriche del futuro dovranno essere gestite differentemente da quelle attuali, perché la quota delle fonti rinnovabili intermittenti come l’eolico e il solare sarà maggiore. Un eccesso di generazione potrebbe rendere negativi i prezzi dell’elettricità. L’idrogeno allora, sostiene Strugl, “ci dà la possibilità di utilizzare l’elettricità in eccesso come forma di stoccaggio, che può essere utilizzata in seguito quando i prezzi sono più alti. L’idrogeno verde sarà importante per lo stoccaggio a lungo termine”.

Eni e Snam: al via la partnership sui gasdotti tra Algeria e Italia

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Accordo per la cessione da Eni a Snam del 49,9% delle partecipazioni detenute da Eni nelle società attive nei gasdotti TTPC e TMPC per un importo di 385 milioni di euro

Eni e Snam hanno firmato un accordo per la cessione a Snam da parte di Eni del 49,9% delle partecipazioni detenute (direttamente e indirettamente) da quest’ultima nelle società che gestiscono i due gruppi di gasdotti internazionali che collegano l’Algeria all’Italia, in particolare i gasdotti onshore che si estendono dal confine tra Algeria e Tunisia fino alla costa tunisina (cd. gasdotto TTPC) e i gasdotti offshore che collegano la costa tunisina all’Italia (cd. gasdotto TMPC). Lo comunica una nota.

COSA PREVEDE L’OPERAZIONE: LA NASCITA DELLA NEWCO

L’operazione prevede il conferimento di tali partecipazioni da parte di Eni in una società italiana di nuova costituzione (NewCo), di cui Eni continuerà a detenere il 50,1%, mentre il restante 49,9% verrà ceduto a Snam per un importo di 385 milioni di euro. Snam finanzierà il pagamento del corrispettivo mediante mezzi propri.

L’operazione consente di valorizzare in maniera sinergica le rispettive competenze di Eni e Snam su una rotta strategica per la sicurezza degli approvvigionamenti di gas naturale in Italia, favorendo potenziali iniziative di sviluppo nella catena del valore dell’idrogeno dal Nord Africa.

DESCALZI: LIBERIAMO NUOVE RISORSE PER LA TRANSIZIONE ENERGETICA

“Questa operazione ci consente di liberare nuove risorse da impiegare nel nostro percorso di transizione energetica, mantenendo nel contempo con Snam la gestione di un’infrastruttura strategica per la sicurezza delle forniture al Paese – ha commentato l’Amministratore Delegato di Eni, Claudio Descalzi -. Il gas avrà un ruolo fondamentale nell’accompagnare la transizione dei sistemi energetici verso modelli a zero emissioni, ed è importante mantenere disponibilità e diversificazione delle rotte di fornitura di questa fonte”.

ALVERA’: SNAM PROIETTA LA PROPRIA INFRASTRUTTURA VERSO IL NORD AFRICA

“Questo accordo consolida il ruolo centrale di Snam nella sicurezza degli approvvigionamenti dell’Italia e nel trasporto di energia dall’area mediterranea – ha aggiunto l’Amministratore Delegato di Snam, Marco Alverà, -. Grazie all’operazione, Snam proietta la propria infrastruttura verso il Nord Africa, che rappresenta un’area chiave per le forniture di gas all’Italia e in prospettiva per lo sviluppo dell’idrogeno. In futuro, infatti, il Nord Africa potrà diventare anche un hub per la produzione di energia solare e idrogeno verde”.

LA STRATEGIE DELLE DUE AZIENDE

L’operazione, prosegue la nota, rientra nella più ampia strategia di Eni che prevede l’ottimizzazione del portafoglio per accelerare la crescita nei settori relativi alla transizione energetica. L’acquisizione permette a Snam di posizionarsi su una rotta strategica per la sicurezza degli approvvigionamenti di gas naturale in Italia e per le prospettive di sviluppo della catena del valore dell’idrogeno anche grazie alle risorse naturali del Nord Africa.L’accordo prevede altresì un meccanismo di earn-ined earn-out da calcolarsi sulla base dei ricavi che saranno generati dalle società target.

NEWCO PARITETICA

Le società target hanno generato nel 2020 un utile netto (100% quota Eni) di circa90 milioni di euro. Eni e Snam eserciteranno un controllo congiunto sulla NewCo sulla base di principi di governance paritetica e, pertanto, ne conseguirà per entrambe un consolidamento con il metodo del patrimonio netto.L’esecuzione dell’operazione è subordinata ad alcune condizioni sospensive, tra cui l’ottenimento delle autorizzazioni necessarie in relazione all’operazione ai sensi della normativa antitrust e della cd. normativa golden power, l’esame dell’operazione da parte delle ulteriori competenti autorità regolamentari, nonché l’ottenimento dell’autorizzazione da parte dello Stato tunisino e dei consensi e/o gradimenti da parte dei soci e dei consigli di amministrazione di talune delle società target.

TICKING FEE PER ENI PER IL DIFFERIMENTO DEL CLOSING

In ragione de ldifferimento del closing per l’avveramento delle condizioni sospensive, sul corrispettivo pattuito maturerà dalla data della situazione patrimoniale di riferimento (30 giugno 2021) una ticking fee che sarà corrisposta da Snam a Eni al closing dell’operazione. Subordinatamente all’avveramento (ovvero, a seconda dei casi, alla loro rinuncia) delle condizioni sospensive previste dal contratto, si prevede che l’operazione possa perfezionarsi entro il terzo trimestre 2022.

Mosca devasta l’Ucraina. L’Europa è alla canna del gas?

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Quali sono le prospettive energetiche dell’Europa tra le alternative di gas dalla Russia e il conflitto ucraino

Dodicesimo giorno. Siamo giunti quasi alla fine della seconda settimana di guerra. Dal 24 febbraio la Russia sta devastando l’Ucraina con la giustificazione della “liberazione” dai neonazisti e dall’imperialismo occidentale. Una narrazione, quella portata avanti da Vladimir Putin, che continua a tenere sotto ricatto l’Europa anche sul fronte energetico.

IL LEGAME TRA LA GUERRA IN UCRAINA E IL GAS RUSSIA-EUROPA

Infatti, dal punto di vista militare i presunti cessate il fuoco stanno valendo meno di zero. Le bombe russe sul suolo ucraino non si arrestano, i civili morti aumentano e l’emergenza di chi scappa allerta le capitali europee di frontiera e non.

Ma, come ormai stiamo raccontando ogni giorno, c’è anche un’ importante questione energetica che riguarda noi europei, noi italiani. Una questione che si palesa sempre più di giorno in giorno tramite prezzi del carburante ormai in forte ascesa.

Il weekend appena concluso ha aggiunto poi un altro elemento di tensione. Quello nucleare, dovuto alle incursioni russe prima a Cherbnobyl e poi – venerdì – nella centrale di Zaporizhzhia.

QUANTO DIPENDIAMO DALLE FORNITURE DI MOSCA

La questione di fondo, però, rimane la stessa. Attiene la forte dipendenza europea dalle forniture moscovite. Una leva politica che, come scrive oggi Milena Gabanelli nel suo Dataroom del Corsera, “Vladimir Putin ha sfruttato nelle crisi ucraine del 2006 e del 2009”. Ma quest’arma risulta essere anche a doppio taglio. Perché, come scritto qui su Energia Oltre in queste settimane, Mosca si nutre economicamente del suo export di gas al Vecchio Continente. E le forti sanzioni mosse da Bruxelles stanno già sortendo i primi evidenti effetti.

“Gli incassi della banca centrale russa derivanti dal gas e dal petrolio esportati nel 2021 hanno raggiunto, secondo Reuters, i 240 miliardi di dollari” dice ancora il Dataroom, per capire quanto detto sopra. Noi e Berlino siamo i più dipendenti, con 43 e 29 miliardi di metri cubi importati rispettivamente.

LE ALTERNATIVE PER L’ITALIA

Ecco perché l’esecutivo guidato da Mario Draghi ha provato a porre un primo rimedio con il Decreto Energia. Altrettanto rilevante era stata la visita ad Algeri di Di Maio e Descalzi ad inizio settimana scorsa.

L’Algeria ha un ruolo fondamentale nella diversificazione delle fonti di gas, lo stesso Di Maio ha confermato che “il partenariato con l’Algeria è forte” e ricordando come con il paese nordafricano c’è stato un aumento del 45% degli interscambi commerciali dal 2020. Ogni anno sono circa 76 i miliardi di metri cubi importati in tutto dall’Italia e di questi nell’anno appena passato, 21 soltanto dall’Algeria.

Ma ci sono anche i fornitori di GNL: Qatar e Usa su tutti. Rispettivamente con 30 e 25,6 miliardi di metri cubi esportati nel 2020, scrive ancora Gabanelli. Poi ci sono “la Nigeria (14,6) e l’Algeria (13,9)”.

L’OPINIONE DI NICOLAZZI

“Se si riuscisse ad attivare tutta la capacità di Algeria e Libia avremmo certamente una bella boccata d’ossigeno, ma bisogna ricordare anche la situazione attuale della Libia, non tranquillissima”. Lo dice chiaramente stamani su La Stampa l’ex Chief Executive Officer di Lukoil Massimo Nicolazzi.

Il quale si esprime anche su altri paesi fornitori dell’Italia. Azerbaigian e Cipro, per esempio. Ma la cautela rimane, per via di tempistiche non proprio brevi. “Naturalmente bisogna puntare al massimo anche sulle rinnovabili, ma anche qui i tempi non sono brevi e le quote che se ne ricavano ancora molto basse”, dice tra l’altro.

LA ROADMAP DI GENTILONI

E sempre sul quotidiano diretto da Massimo Giannini, anche il Commissario economico dell’Ue Paolo Gentiloni parla delle forniture alternative per Europa e Italia.

Ci sono tante strade, secondo l’ex premier. “La prima prevede il ricorso a fonti energetiche che nella transizione erano in via d’abbandono, come il carbone. Per la Germania è più facile, ma per l’Italia no. Bisogna poi aumentare le riserve”. Diversificare è un verbo divenuto importante nelle settimane più recenti, ma per Gentiloni “è una risposta nel breve periodo, ma la questione della rigassificazione è meno immediata, ci vogliono un paio di anni anche con le piattaforme mobili”.

Il tempo, dunque, è una variabile centrale per il futuro energetico europeo e italiano. I ricatti di Putin continuano, per sapere come e chi ci riscalderà dobbiamo aspettare.

 

 

I gasdotti del Canada possono coesistere con gli indigeni?

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Cosa stanno facendo le compagnie petrolifere per far accettare i gasdotti del Canada agli indigeni. Fatti e scenari

Una lunga indagine del Guardian è andata a fare le pulci alle mosse delle compagnie petrolifere nordamericane. La questione riguarda i gasdotti del Canada che andrebbero a invadere le terre delle popolazioni indigene.

IL CONTESTO

Parlare di petrolio nei paesi occidentali in queste settimane è andare a nozze. Nel senso che la crisi ucraina ancora in corso, purtroppo, ha aperto nuovi scenari sul futuro energetico delle potenze dipendenti da Mosca in termini di forniture.

A fine anno, però, qui su Energia Oltre riportavamo uno studio sugli aumenti di produzione del petrolio non minerario ad Alberta. E allo stesso tempo, a inizio gennaio, l’Aie certificava i passi avanti per il Canada sulla transizione. Un 2022 tutto da osservare, dunque, a livello energetico.

LE MOSSE DELLE COMPAGNIE  SUI GASDOTTI DEL CANADA

Uno dei tubi più controversi è quello sulla terra della First Nation, secondo una nuova indagine di Eco-Bot.Net e del Guardian. Ma in generale, “i gruppi di combustibili fossili hanno speso circa 122.000 dollari canadesi (95.249 dollari) in oltre 400 annunci mirati su Facebook e Instagram negli ultimi due anni relativi a vari progetti di petrolio e gas in tutto il paese”, dice il quotidiano progressista.

La stragrande maggioranza degli annunci, che sono stati mostrati circa 21 milioni di volte in totale, erano collegati al gasdotto Coastal GasLink. Qui gli ultimi anni sono stati caratterizzati da scontri con la polizia. Coastal GasLink è uno dei tre gasdotti multimiliardari che devono affrontare l’opposizione di alcuni gruppi indigeni e ambientalisti in Canada. Il tubo è lungo 670 km e passa per il territorio non ceduto di Wet’suwet’en.

ECO-BOT.NET

Cosa ha fatto Eco-Bot.Net? Questo progetto di ricerca ha indagato sulla disinformazione inerente la crisi climatica e il greenwashing aziendale su internet. In poche parole, ha rilevato “un flusso costante di campagne pubblicitarie “Indigenous-washing” da TC Energy, la società dietro l’oleodotto, e gruppi di lobby associati al petrolio e al gas. TC Energy rappresenta quasi i tre quarti della spesa pubblicitaria e delle impressioni indagate”. Di più. A metà febbraio, la società ha pubblicato due di questi annunci, entrambi rimossi da Facebook per essere stati pubblicati senza un disclaimer che includa informazioni su chi ha pagato per l’annuncio, continua il quotidiano della City.

LA DISINFORMAZIONE DELLE COMPAGNIE

“Gli aumenti della spesa del settore per gli annunci diretti a specifici dati demografici e in coincidenza con le proteste sembrano essere i classici esempi di campagne di affari pubblici motivate finanziariamente, orientate politicamente e micro-mirate”, ha affermato Geoffrey Supran, ricercatore di disinformazione climatica dell’Università di Harvard. “Non ci sono migliori predittori della spesa pubblicitaria dell’industria dei combustibili fossili dell’azione politica e dell’attenzione dei media, e questi dati sembrano essere un esempio calzante”.

I gruppi petroliferi usano termini come “difensore” della terra, “eco-colonialismo” e “riconciliazione”, gli annunci impiegano parole d’ordine e frasi usate nel discorso sui diritti indigeni per ritrarre le compagnie petrolifere e del gas come allineate con i gruppi indigeni. Tutto per definire il petrolio e il gas come necessari allo sviluppo economico degli indigeni e alla lotta alla povertà.

UNA FREGATURA?

I progetti di gas naturale ricevono miliardi di dollari di sussidi dal governo della British Columbia, conclude il Guardian. La BC dice di considerare il gasdotto come “un percorso verso la prosperità” per le Prime Nazioni. Secondo lo YellowHead Institute, un centro di ricerca guidato dalla First Nation, questo rende il sostegno del governo alle Prime Nazioni “subordinato al sostegno per gli accordi sugli oleodotti”.

Ma dall’altro lato c’è poca convinzione. Leader come il capo Na’Moks non vedono la costruzione del gasdotto come una via percorribile per la prosperità. “Noi come capi ereditari dobbiamo pensare migliaia di anni nel futuro”, dice. “Proteggiamo le nostre terre. Questo è quello che stiamo facendo in questo momento, pacificamente. Eppure vengono contro di noi con le pistole”.

Insomma, i gasdotti del Canada possono coesistere con le popolazioni indigene?

Meloni: il governo è vicino a chi produce. Al lavoro per risolvere strettoia gasdotti in centro Italia

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“I Paesi africani vogliono investire nell’approvvigionamento energetico e l’Italia può essere la porta d’ingresso di questa energia”

Nella tradizionale conferenza stampa di fine anno, il presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, ha affrontato diversi temi, tra cui il mondo dell’industria e il settore energetico.

UN GOVERNO VICINO A CHI PRODUCE

“Credo ci sia piena consapevolezza di un governo amico di chi produce e delle aziende. Per quanto riguarda Carlo Bonomi, è portatore di un interesse legittimo e particolare, ma noi dobbiamo tenere insieme il quadro. Vogliamo spostare i soldi dell’energia dall’energia al cuneo fiscale? Sono disposta a parlarne ma, a condizioni date, credo non si possa dire che in questa manovra non ci sia niente per le imprese”.

CITTÀ DEL SUD ITALIA SARANNO CONTENTE PER SVILUPPO GASDOTTI

Il premier ha parlato poi della situazione gasdotti in Italia. “Stiamo lavorando per risolvere il problema della strettoia dei nostri gasdotti nel centro Italia, che attualmente è troppo piccola. Quando si risolverà, avremo la possibilità di valorizzare anche diverse città del Sud sul tema dell’approvvigionamento del gas e sui gasdotti. Sarebbero più che contente di avere uno sviluppo, affrontando una questione strategica sia per l’Italia che per l’Europa”.

LA NOSTRA PRESENZA IN AFRICA NON È PREDATORIA

Il tema dell’energia “è un’occasione anche per l’Africa. L’Europa sull’Africa ha indietreggiato, e quando lasci uno spazio vuoto, qualcuno lo riempie. Io  credo che l’Italia possa essere capofila di un nuovo approccio, e in questo siamo avvantaggiati dalla nostra posizione geo-strategica. I Paesi africani vogliono investire nell’approvvigionamento energetico e l’Italia può essere la porta d’ingresso di questa energia”. Per il premier il “piano Mattei per l’Africa” ha “un approccio non predatorio. Credo sia questa la particolarità della cooperazione e presenza italiana: quando andiamo all’estero, lo facciamo per lasciare qualcosa. Per questo anche in Africa c’è una grande domanda di Italia. Dovunque sia andata a parlare, ho sempre trovato porte aperte”.

STOP UE SU MOTORI COMBUSTIONE “LEDE IL SISTEMA PRODUTTIVO”

L’ultima battuta è sul divieto di vendita di veicoli con motore a combustione fissato dall’Unione europea a partire dal 2035: “Non lo considero ragionevole – ha commentato Meloni – è profondamente lesivo del nostro sistema produttivo. Credo sia una materia su cui c’è una convergenza trasversale a livello italiano e intendo utilizzare questa convergenza per porre le questione con forza”.

Il gas nigeriano e la guerra energetica tra Marocco e Algeria

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Di recente il capo della diplomazia europea, Josep Borrell, ha parlato del ruolo del gas in Europa e ha sottolineato il forte potenziale del Marocco sulle energie pulite come l’idrogeno, l’eolico e il solare

Marocco e Algeria, storici rivali della regione del Maghreb, sono impegnati in due megaprogetti concorrenti di gasdotti che li collegano alla Nigeria, per puntare al mercato europeo, in un contesto in cui l’Ue vorrebbe fare a meno del gas entro la fine del decennio.

IL PROGETTO DEL GASDOTTO NIGERIA-MAROCCO

Il progetto più recente è il gasdotto Nigeria-Marocco (NMGP), lungo circa 6.000 km, che dovrebbe attraversare 13 Paesi africani sulla costa atlantica per trasportare miliardi di metri cubi di gas nigeriano verso il Marocco. Da lì, dovrà essere collegato al gasdotto Maghreb Europe (GME). La data di inizio costruzione non è ancora stata fissata. “Il gasdotto è in fase di pianificazione, siamo nella fase dello studio di fattibilità”, ha dichiarato il ministro del petrolio nigeriano, Timipre Sylva.

L’idea del progetto è stata lanciata nel 2016 dal re Mohammed VI durante una visita ad Abuja, volta a rafforzare le partnership con i Paesi africani. Il suo rilancio si spiega con la decisione di Algeri – primo esportatore africano di gas naturale – di rescindere, lo scorso anno, il contratto GME per la fornitura alla Spagna di gas algerino attraverso il Marocco, dopo la rottura delle relazioni diplomatiche con Rabat. I dissensi sono stati motivati in particolare dallo spinoso dossier del Sahara occidentale – territorio su cui Rabat rivendica la propria sovranità, mentre Algeri sostiene i separatisti del Fronte Polisario – che ha privato il Marocco del gas algerino, che considera un diritto di passaggio.

Inoltre, il gasdotto NMGP rientra in un contesto geopolitico segnato dall’impennata dei prezzi degli idrocarburi, dopo l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia. La realizzazione del gigantesco gasdotto – per un costo stimato di 23 miliardi di euro – resta comunque subordinata “all’ottenimento dell’accordo dei Paesi attraverso i quali passerà”, ha ricordato il ministro del Petrolio nigeriano.

I 7 ACCORDI DEL 2022 CON I PAESI AFRICANI

A fine 2022, Rabat e Abuja hanno firmato sette memorandum d’intesa con Gambia, Guinea-Bissau, Guinea, Sierra Leone, Ghana, Mauritania e Senegal e un altro con la Comunità economica degli Stati dell’Europa orientale – Africa occidentale (ECOWAS). Accordi che “confermano l’impegno delle parti in questo progetto strategico”, ha commentato l’Ufficio marocchino degli idrocarburi e delle miniere (ONHYM).

Rabat fa affidamento sulle enormi riserve della Nigeria per creare “un mercato del gas stabile, prevedibile e reciprocamente redditizio” in Africa, ha affermato il ricercatore di geopolitica marocchino Jamal Machrouh, sottolineando anche l’”interesse strategico per l’Europa”. Emergono però degli interrogativi, considerando che Bruxelles afferma di volersi sbarazzare dei combustibili fossili a medio termine. “Dobbiamo considerare quando il gasdotto sarà finito. Vorremo usare ancora gas e metano?”, si è chiesto di recente a Rabat il capo della diplomazia europea, Josep Borrell, sottolineando che il Marocco ha un forte potenziale di energie pulite come l’idrogeno, l’eolico e il solare.

IL GASDOTTO TRANS-SAHARIANO

L’accelerazione della cooperazione tra Rabat e Abuja coincide con il rilancio del gasdotto Trans-Sahariano (TSGP), che collegherà la Nigeria all’Algeria attraverso il Niger, per un costo stimato tra i 12 ei 18 miliardi di euro. Lo scorso luglio Algeri, Abuja e Niamey hanno firmato un accordo per materializzare questo gasdotto, lungo 4.128 km, senza fissare però una data di avvio.

Ideato nel 2009, il progetto mira anche a trasportare il gas nigeriano in Europa: un volta arrivato in Algeria, infatti, dovrebbe giungere nel vecchio continente attraverso il gasdotto Transmed, che già collega i giacimenti algerini all’Italia attraverso la Tunisia. “Gli studi tecnici sono in corso”, ha dichiarato il 18 febbraio scorso il ministro dell’Energia algerino, Mohamed Arkab.

LA POSIZIONE DELL’EUROPA

Secondo l’esperto algerino Ahmed Tartar, i tre partner ora sono “alla ricerca di donatori. Possiamo stimare un ritardo di 2-3 anni per la finalizzazione del progetto, che soddisfarà una parte significativa delle esigenze future dell’Europa”, ha spiegato Tartar, il cui Paese è il terzo fornitore di gas dell’Europa.

Un cauto ottimismo è quello dell’analista Geoff Porter, che sottolinea “la grande vulnerabilità del gasdotto agli attacchi jihadisti nella zona saheliana e all’ostilità delle comunità locali, se avranno la sensazione di essere sfruttate per un progetto da cui non trarranno nessun beneficio”. Infine, secondo il ricercatore marocchino Machrouh, un altro rovescio della medaglia è che l’Europa “non potrà accettare una forte dipendenza da un unico fornitore, sia esso algerino o marocchino”.

L’Europa spinge sui gasdotti dell’idrogeno per soddisfare la domanda di energia

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Secondo l’Hydrogen Council – i cui membri includono BP, Shell, BMW e McKinsey – 400 dei 660 milioni di tonnellate di idrogeno che si prevede saranno necessari entro il 2050 per raggiungere gli obiettivi climatici saranno trasportati a lunga distanza

Ridurre le emissioni di industrie fortemente inquinanti – come quelle chimiche e siderurgiche – è un problema che le aziende e i governi di tutto il mondo stanno cercando di risolvere da tempo. In Austria, Germania e Italia, un gruppo di società del gas crede di avere ora una risposta: un gasdotto di 3.300 km.

Queste aziende – tra cui l’italiana Snam e la tedesca Bayernets – stanno lavorando ad un progetto per trasportare l’idrogeno verde, prodotto con fonti di energia rinnovabili, dal Nordafrica e dal Sud Italia alle regioni più a nord, dove ci sono pochi altri modi per liberare le industrie dalla dipendenza dai combustibili fossili.

I PROGETTI DEI GASDOTTI SOUTH2 CORRIDOR E H2MED

Il progetto del gasdotto “SoutH2 Corridor” – che collega il Nordafrica con l’Italia, l’Austria e la Germania – è destinato a far parte di una “dorsale” dell’idrogeno molto più ampia, che le società di infrastrutture in Europa stanno promuovendo. L’obiettivo è aiutare i Paesi europei a raggiungere i loro obiettivi climatici e garantire in futuro delle forniture energetiche più sicure. Altri progetti includono una proposta di gasdotto sottomarino da 2,5 miliardi di euro, denominato “H2Med”, per trasportare l’idrogeno dalla Spagna alla Francia.

Daryl Wilson, direttore esecutivo dell’ente industriale Hydrogen Council, ha affermato che petrolio e gas sono già spediti o convogliati da regioni come il Medio Oriente, quindi è naturale valutare come anche l’idrogeno, con metodi simili, possa essere trasportato su lunghe distanze. “Il trasporto di energia a lunga distanza – ha spiegato Wilson – è già parte della nostra realtà. Le fonti di energia che usiamo oggi spesso sono molto distanti dai luoghi di maggiore domanda”, che sono per lo più aree urbane densamente popolate.

In futuro, ha proseguito, le fonti diventeranno “più diversificate”, man mano che altre aree del mondo aumenteranno la loro capacità di produrre energia rinnovabile. Il problema però persisterà, poiché probabilmente l’energia sarà ancora prodotta lontano dalle aree di maggiore richiesta.

IDROGENO BLU E IDROGENO VERDE

Un rapporto pubblicato lo scorso anno dall’Hydrogen Council – i cui membri includono BP, Shell, BMW e McKinsey – ha mostrato che 400 dei 660 milioni di tonnellate di idrogeno che si prevede saranno necessari entro il 2050 per raggiungere gli obiettivi climatici saranno trasportati a lunga distanza.

Le società di infrastrutture sostengono che l’idrogeno verde può essere prodotto facilmente in Paesi soleggiati e ventosi come il Marocco, l’Italia e la Spagna attraverso l’elettrolisi dell’acqua, utilizzando energia rinnovabile. Alcuni gasdotti esistenti, quindi, potrebbero essere riutilizzati e nuove infrastrutture costruite per trasportare il gas leggero e incolore più a nord, per servire industrie come la raffinazione, la produzione di energia, la produzione di fertilizzanti e il trasporto.

Alcuni Paesi, come il Regno Unito, stanno studiando anche il cosiddetto “idrogeno blu” – prodotto dal gas naturale con l’anidride carbonica associata catturata e sequestrata. Alcune fonti di idrogeno, come l’ammoniaca, vengono già spedite su lunghe distanze. Secondo Wilson queste operazioni potrebbero essere intensificate, in modo che vengano utilizzate come fonte di carburante, piuttosto che esclusivamente per le loro attuali applicazioni, ad esempio nella produzione di fertilizzanti. Anche l’idrogeno è preso in considerazione, in alcuni Paesi, per sostituire il riscaldamento a gas naturale nelle case.

LA POSIZIONE DEGLI AMBIENTALISTI E DEGLI SCETTICI

Tuttavia, gli attivisti per il clima e alcuni scienziati avvertono che il potenziale dell’idrogeno pulito viene sovrastimato dalle compagnie del gas, che potrebbero rimanere con miliardi di euro di beni bloccati, se non individueranno un uso futuro per i loro gasdotti o la loro produzione.

Gli scettici sull’idrogeno mettono in dubbio anche l’economia del trasporto dell’idrogeno su lunghe distanze, e sostengono che l’energia rinnovabile dovrebbe essere utilizzata direttamente ove possibile, ad esempio per alimentare le pompe di calore nelle case e per i veicoli elettrici.

La produzione di idrogeno verde comporta un’immediata perdita di energia, per rompere il legame chimico tra ossigeno e idrogeno. “Quello che stiamo facendo è degradare quella energia elettrica fino all’idrogeno, a causa di grandi inefficienze”, ha affermato Tom Baxter, professore dell’Università di Strathclyde in Scozia e membro fondatore della Hydrogen Science Coalition, un gruppo di accademici e ingegneri che forniscono consulenza indipendente in materia. “Se guardiamo all’idrogeno al momento, in generale si produce idrogeno accanto a dove lo si vuole usare, perché trasportarlo è complicato, se ne perde molto ed è corrosivo”, ha spiegato Baxter.

IL CASO IBERDROLA E LE SFIDE PER IL FUTURO DELL’IDROGENO

Iberdrola è una delle maggiori aziende europee che sta lavorando sull’idrogeno verde. Jorge Palomar, direttore globale per lo sviluppo dell’idrogeno, ha affermato che un sistema di gasdotti europei per l’idrogeno “potrebbe essere una buona idea per il futuro”, ma che bisogna capire meglio per cosa l’idrogeno potrà essere utilizzato e dove. Secondo Palomar, nei casi in cui l’elettrificazione è possibile, gli interconnettori paneuropei (i cavi che esportano l’elettricità attraverso i confini) dovranno essere migliorati.

Nel frattempo, Iberdrola sta sostenendo la produzione di idrogeno verde vicino a dove è già utilizzato in una forma più sporca. L’idrogeno “grigio”, altamente inquinante e prodotto da combustibili fossili, è già ampiamente utilizzato nell’industria chimica e petrolchimica. Secondo Wilson, però, alcuni Paesi – come il Giappone – non possono permettersi il lusso di elettrizzare vaste aree delle loro economie: “le nostre decisioni sulle infrastrutture energetiche sono complicate e sempre basate sulla particolarità del luogo. Giappone e Corea, ad esempio, non hanno grandi dotazioni di capacità di energia rinnovabile, quindi non si può pensare di costruire molti parchi eolici e solari, perché la risorsa semplicemente non è presente nella scala richiesta. L’approccio efficiente dal punto di vista energetico, l’approccio economico e l’approccio a basse emissioni di carbonio è spedire l’idrogeno o l’ammoniaca su lunghe distanze, affinché il Giappone importi quell’energia”, ha concluso Wilson.


Perché la rete di gasdotti è fondamentale per i piani europei sull’idrogeno

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Il sistema di gasdotti European Hydrogen Backbone entro il 2030 raggiungerà i 31.500 km, con 40 progetti sull’idrogeno gestiti dai membri operatori del sistema di trasmissione dell’EHB che saranno commissionati in questo decennio

Nel lungo percorso che porterà alla transizione energetica un ruolo sempre più importante verrà svolto dall’idrogeno. I Paesi europei e l’Unione europea non vogliono perdere tempo, per questo sono già in corso diversi progetti sul gas che dovrà contribuire a decarbonizzare le economie del vecchio continente.

I GASDOTTI PER L’IDROGENO: LO EUROPEAN HYDROGEN BACKBONE

Il previsto sistema di gasdotti European Hydrogen Backbone sta diventando sempre più fondamentale per il successo della nascente economia europea dell’idrogeno pulito, con i principali sviluppatori di progetti che orientano i loro piani attorno alla rete e gli acquirenti che aprono gare d’appalto per cercare consegne di gasdotti. Si prevede che la “dorsale dell’idrogeno” entro il 2030 raggiungerà i 31.500 km, con 40 progetti concreti gestiti dai membri operatori del sistema di trasmissione dell’EHB che saranno commissionati in questo decennio.

I TSO (transmission system operator) prevedono un boom della domanda. “Io credo non vi sia alcun rischio di sovracostruzione, piuttosto è il contrario: il rischio è di non costruire abbastanza infrastrutture per raggiungere i nostri obiettivi di decarbonizzazione”, ha dichiarato a S&P Global Commodity Insights la co-presidente della European Hydrogen Backbone, Maria Sicilia.

I PIANI SULL’IDROGENO DI TOTALENERGIES E THYSSENKRUPP

Due importanti società industriali europee di recente hanno annunciato gare d’appalto per acquistare idrogeno pulito per operazioni di decarbonizzazione: la francese TotalEnergies nel settembre scorso ha indetto una gara d’appalto per l’acquisto di 500.000 tonnellate all’anno di idrogeno rinnovabile per le sue attività di raffineria europee, mentre la tedesca Thyssenkrupp sta preparando una gara per l’acquisto fino a 151.000 tonnellate/anno di idrogeno rinnovabile e a basse emissioni con contratti decennali, con volumi inferiori a partire dal 2028, per la consegna di gasdotti alle sue acciaierie di Duisburg, in Germania.

Nel frattempo, gli sviluppatori di progetti di produzione di idrogeno considerano sempre più cruciale per il loro successo l’infrastruttura dei gasdotti.

IL PROGETTO DI HH2E

All’inizio di gennaio HH2E si è assicurata una connessione allo European Gas Pipeline Link per l’impianto Lubmin da 100 MW che sta sviluppando sulla costa baltica della Germania. L’azienda sta lavorando su diversi impianti da 100 MW nel Paese, con l’intenzione di aumentarli fino alla scala gigawatt. Inoltre, la società danese di idrogeno verde Everfuel nel 2023 ha riorientato la propria strategia sullo sviluppo di impianti di produzione su larga scala ottimizzati per il collegamento di gasdotti. La società ha evidenziato che un gasdotto per l’idrogeno pianificato tra Danimarca e Germania presenta opportunità per il settore, con la data di inizio prevista per il 2028.

idrogeno progetti Ue

LA EHB E LA RICONVERSIONE DEI GASDOTTI PER L’IDROGENO

La prima fase della European Hydrogen Backbone comprenderà il 52% di gasdotti riconvertiti, mentre il resto proverrà da condotte di nuova costruzione. EHB prevede che la rete si espanderà fino a 57.600 km entro il 2040, di cui il 59% proveniente da infrastrutture riconvertite, man mano che l’Europa abbandonerà il gas naturale. La Germania ha impegnato 20 miliardi di euro in fondi per sviluppare la sua rete principale di idrogeno di 10.000 km, e l’Olanda ha avviato la prima fase di quella che diventerà una rete nazionale di gasdotti con collegamenti transfrontalieri.

La EHB ha affermato che il suo progetto di gasdotto potrebbe contribuire a ridurre i costi di fornitura di idrogeno pulito di 330 miliardi di euro rispetto ad un modello di hub di idrogeno per fornitura e consumo locali. I piani europei per l’idrogeno pulito al 2030 si concentrano fortemente sull’Europa costiera nordoccidentale, ma anche la penisola iberica ha un vasto potenziale di idrogeno rinnovabile.

LE DIFFERENZE REGIONALI NELLA PRODUZIONE DI IDROGENO

La rete di gasdotti può collegare hub di produzione a basso costo con centri di domanda in tutto il continente. Per Maria Sicilia “sarà molto diverso produrre idrogeno dalla capacità di generazione solare in Spagna o dall’eolico offshore nel Mare del Nord o importato dall’Algeria in Italia”. Sicilia ha evidenziato la necessità di individuare i prezzi e di effettuare benchmark: “idealmente avremmo bisogno di benchmark e prezzi di riferimento, in modo da rendere l’offerta economicamente vantaggiosa, a partire dalle risorse più economiche”.

Il Platts Hydrogen Price Wall mostra che i costi europei di produzione dell’idrogeno pulito sono tra i più alti a livello globale, senza collegamenti con le energie rinnovabili a basso costo. Platts fa parte di S&P Global Commodity Insights.

OFFERTA E DOMANDA

L’Ue punta a 20 milioni di tonnellate all’anno di utilizzo di idrogeno verde, di cui la metà proveniente dalle importazioni. Potrebbe essere un’impresa ardua, considerata la natura nascente del mercato, che presuppone una domanda di prelievo sufficiente a sostenere i finanziamenti dei progetti e una disponibilità sufficiente di produzione di energia rinnovabile.

Tuttavia, la EHB ha condotto una valutazione, rilevando che in Europa entro il 2030 saranno prodotte circa 14,7 milioni di tonnellate di idrogeno, un valore superiore all’obiettivo REPowerEU, anche se prevede delle importazioni inferiori.

LE TEMPI STICHEDEI PROGETTI E GLI INVESTIMENTI NECESSARI

I TSO in media hanno un tempo di realizzazione dei progetti di circa 7 anni, molti dei quali sono già in corso. Le decisioni finali sugli investimenti dovranno arrivare intorno al 2026-27 per la messa in esercizio nel 2030, ha affermato l’EHB. Lo sviluppo dell’economia europea dell’idrogeno non è privo di sfide, tra interruzioni della catena di approvvigionamento, inflazione e aumento dei costi del capitale.

L’AIE, nel suo rapporto “Renewables 2023”, ha lanciato un duro avvertimento sugli sviluppi globali dell’idrogeno: prevede che solo il 7% dei progetti mirati alle date di inizio di questo decennio saranno online entro il 2030, poiché la mancanza di acquirenti ostacola le decisioni finali di investimento per gli sviluppatori. “Si possono fissare degli obiettivi, ma bisogna implementare le politiche e i finanziamenti per raggiungerli. L’Ue dovrà incentivare la domanda di idrogeno, se vogliamo che questi progetti raggiungano la DFI in tempo per il 2030”, ha spiegato Sicilia.

I PROGETTI SULL’IDROGENO DI SNAM ED ENEA

Per quanto riguarda l’Italia, due soggetti attualmente molto attivi nel settore dell’idrogeno sono Snam ed ENEA. Snam, con il supporto di Confindustria, ha appena lanciato un market test sulla domanda di idrogeno in Italia e, in collaborazione con Eni, una raccolta di manifestazioni di interesse non vincolanti per il trasporto e lo stoccaggio di CO2 nel sito di Ravenna, nell’ambito del progetto di carbon capture and storage (CCS) lanciato nei mesi scorsi. “Nello scenario energetico attuale, sicurezza e transizione energetica sono due lati di una stessa medaglia. Snam, oltre a garantire forniture continue di energia, è impegnata quotidianamente nello sviluppo di un sistema italiano ed europeo che traguardi il trasporto di molecole decarbonizzate”, ha dichiarato Piero Ercoli, executive director Decarbonization di Snam, che ha aggiunto: “con il lancio del market test dedicato all’idrogeno e della raccolta di manifestazioni di interesse per il progetto CCS di Ravenna vogliamo confermare il ruolo centrale di Snam nel facilitare il raggiungimento degli obiettivi di decarbonizzazione del Paese”.

ENEA e Centria, società di distribuzione del Gruppo Estra, hanno sottoscritto un accordo di collaborazione finalizzato alla sperimentazione di nuovi standard di miscelazione tra gas naturale e idrogeno per la rete di distribuzione del gas. Il protocollo d’intesa prevede che ENEA utilizzi l’infrastruttura Campo Prove di Centria, ad Arezzo, e uno specifico know-how per lo svolgimento delle attività sperimentali con le miscele, contribuendo al processo di transizione energetica dell’Italia.

Ecco come il “corridoio verticale” dell’Europa sud-orientale rimodellerà il transito del gas

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Il nuovo tracciato del gas Baku a mantenere l’impegno preso con l’Unione europea di raddoppiare le esportazioni di gas verso l’Europa, portandole a 20 miliardi di metri cubi all’anno entro il 2027 

I Paesi dell’Europa centrale e sudorientale hanno iniziato a lavorare insieme per creare una nuova via di transito del gas, con l’obiettivo di compensare la perdita delle esportazioni russeverso l’Europa a seguito dell’invasione russa dell’Ucraina. Se realizzato, il “Corridoio Verticale” offrirebbe all’Azerbaigian una nuova rotta per esportare il proprio gas verso i mercati dell’Europa centrale e orientale  e potrebbe quindi aiutare Baku a mantenere l’impegno preso con l’Unione europea di raddoppiare le esportazioni di gas verso l’Europa, portandole a 20 miliardi di metri cubi all’anno entro il 2027.

IL PERCORSO DEL “CORRIDOIO VERTICALE” DEL GAS

Il nuovo tracciato previsto – scrive David O’Byrne su Eurasianet – utilizzerebbe principalmente i gasdotti esistenti che collegano i sistemi di transito del gas di Grecia, Bulgaria, Romania, Moldavia e Ucraina ma richiederebbe l’espansione della capacità di alcune sezioni e dei collegamenti transfrontalieri. In quanto tale, il “corridoio verticale” sarebbe in grado di fornire nuove preziose fonti di gas per la Moldavia e l’Ucraina, che dopo l’invasione russa hanno avuto problemi a soddisfare la domanda interna.

Non meno significativamente, sarebbe anche in grado di immettere gas nel principale sistema di trasporto est-ovest dell’Ucraina, che è stato in gran parte inutilizzato dall’invasione russa nel 2022 e dalla successiva interruzione del transito verso l’Europa.

Il progetto è stato avviato il 19 gennaio in occasione di un incontro ad Atene dei ministri dell’energia dell’Europa centrale e sudorientale nell’ambito dell’iniziativa per la connettività energetica dell’Europa centrale e sudorientale (CESEC) dell’Unione europea.

L’incontro, al quale ha partecipato il commissario europeo per l’Energia, Kadri Simson, ha visto la firma di un accordo tra gli operatori di trasporto del gas dei Paesi Ue Grecia, Bulgaria, Romania, Ungheria e Slovacchia, oltre che quelli di Ucraina e Moldavia, volto a creare un corridoio di trasporto Nord-Sud tra i sette Stati.

Commentando l’accordo, Simson ha affermato che il corridoio verticale “consentirà flussi bidirezionali di gas naturale da nord a sud e ritorno che aiuterà a garantire l’approvvigionamento energetico all’Ucraina e alla Moldavia e a migliorare la sicurezza energetica complessiva della regione”. 

NUOVO CORRIDOIO, VECCHIA INFRASTRUTTURA

Il nuovo accordo propone di aggiornare ed espandere l’infrastruttura di transito del gas esistente dei sette paesi per creare un nuovo corridoio di transito di maggiore capacità, che invertirebbe la direzione del flusso di gas in alcune sezioni e consentirebbe di trasportare maggiori volumi dalla Grecia e dalla Turchia verso Bulgaria, Romania, Moldavia e Ucraina.

I gasdotti di transito esistenti in Ucraina potrebbero quindi trasportare il gas direttamente in Ungheria, Slovacchia e Polonia e anche verso altri mercati europei, più ad ovest. Il nuovo corridoio sarà in grado di trasportare il gas importato in Grecia e Turchia via nave come GNL e anche il gas dall’Azerbaigian importato attraverso la Turchia in Grecia,

Il primo passo verso la realizzazione del corridoio verticale è stato compiuto lo scorso 1° febbraio con l’operatore statale bulgaro di transito del gas Bulgartransgaz EAD che ha lanciato le consultazioni pubbliche richieste dall’Unione europea per l’espansione della capacità, in parallelo con gli operatori statali di Grecia, Romania, Moldavia e Ucraina.

La capacità finale del nuovo corridoio deve ancora essere decisa, ma secondo l’operatore statale ucraino della rete di transito del gas GTSOU, c’è una domanda sufficiente da parte degli acquirenti europei per una capacità fino a 21 milioni di metri cubi al giorno attraverso la Moldavia fino all’Ucraina. Si tratta del doppio della capacità esistente del Corridoio Meridionale del Gas, che attualmente trasporta tutte le esportazioni dell’Azerbaigian verso l’Europa.

IL RUOLO DEL GASDOTTO TAP

Resta da vedere quale impatto il progetto avrà sull’attuale Corridoio Sud del Gas, più precisamente sulla sua fase finale, il gasdotto TAP. Il gasdotto TAP è di proprietà di un consorzio che include la compagnia petrolifera statale azera SOCAR e BP, che gestisce il più grande giacimento di gas dell’Azerbaigian, Shah Deniz, da cui viene prodotta la maggior parte delle esportazioni del Paese.

Il TAP ha una capacità nominale massima di 20 miliardi di metri cubi all’anno, ma opera a circa 10 miliardi di metri cubi all’anno, in attesa che i partner del consorzio TAP decidano di effettuare gli investimenti necessari per aggiungere nuovi compressori per consentire al gasdotto di trasportare più gas.

L’ANNUNCIO DEL 2023 SULL’AUMENTO DI CAPACITÀ DEL TAP

Nel gennaio 2023 il consorzio ha annunciato che avrebbe ampliato la capacità di 1,2 miliardi di metri cubi all’anno entro il 2026, ma deve ancora indicare quando o se investirà per aumentare la capacità fino a raggiungere i 20 miliardi di metri cubi all’anno.

La creazione di un nuovo corridoio verticale potrebbe rendere superflua questa ulteriore espansione, a meno che e fino a quando non saranno disponibili nuove fonti di gas in grado di riempire entrambi i corridoi. Allo stato attuale, le uniche fonti di gas disponibili sono il GNL, importato tramite terminal in Grecia e Turchia, e il gas che arriva tramite gasdotto dalla Turchia, di cui attualmente è disponibile solo quello proveniente dall’Azerbaigian.

L’AUMENTO DELLA PRODUZIONE DI GAS DELL’AZERBAIGIAN

Gli sforzi per incrementare la produzione di gas dell’Azerbaigian sono ben avviati. Lo scorso 30 gennaio BP ha annunciato che prevede di iniziare la produzione da un nuovo giacimento profondo all’inizio del 2024, mentre la francese TotalEnergies – che lo scorso luglio ha iniziato a produrre gas dal giacimento di Absheron in Azerbaigian – ha confermato di voler aumentare la produzione da 1,5 a circa 5,5 miliardi di metri cubi l’anno.

Baku continua a sostenere di essere sulla buona strada per mantenere la promessa di fornire 20 miliardi di metri cubi all’anno all’Europa entro il 2027, ma restano dei dubbi sulla possibilità di raggiungere questo obiettivo senza le importazioni dai suoi vicini Turkmenistan e Iran. Il gas del Turkmenistan potrebbe diventare disponibile per uno o entrambi i corridoi, se i negoziati tra Turchia, Iran e lo stesso Turkmenistan per fornire il gas del Paese alla Turchia attraverso l’Iran daranno frutti.